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Gioacchino Rossini

L'occasione fa il ladro

Libretto - Luigi Prividali

 

Sala in un albergo di campagna, che introduce in diverse stanze numerate.
Notte oscura e tempestosa.


Scena prima
Don Parmenione, che mangia e beve ad una tavola rusticamente imbandita e rischiarata da un lucerniere; Martino seduto in disparte, che approfitta dei di lui avanzi, malgrado lo spavento che soffre al fragore dei tuoni ed al chiaror dei lampi.

 

 

 

Parmenione 
Frema in cielo il nembo irato,
scoppi il tuono e fischi il vento;
che qui placido e contento
io mi voglio ristorar.
Quanto è dolce il mar turbato
dalle sponde il contemplar!
(Tuono.)

Martino 
(si spaventa)
Ah saette maledette,
deh lasciatemi mangiar!

Parmenione 
Cos'è stato?

Martino
Eh niente, niente.

Parmenione 
Ma tu tremi.

Martino 
Ah! no signore.

Parmenione 
Tien, e mangia allegramente.

Martino 
Tante grazie...
(Tuono.) 
Oimè, che orrore!
(lascia cadere il piatto ricevuto dal padrone e vuol fuggire) 

Parmenione 
Senti, olà!

Martino 
(si ferma) 
Che comandate?

Parmenione 
Dove vai? 

Martino
Non m'arrestate.

Parmenione 
Scaccia, scaccia, il tuo timore.

Martino 
Non vi posso contentar.

Parmenione 
Cosa fai là sciocco in piè?
Siedi qui vicino a me.
Se anche vedi il ciel cascar,
mangia, bevi e non badar.

Martino 
Voi morir mi fate affé,
o seduto, o stando in piè.
Par che debba il ciel cascar.
Come posso non tremar?
(Don Parmenione sforza il suo servo a sedere vicino a lui, facendolo tacere e mangiare per quanto è possibile, tranquillamente.)

 

 

Scena seconda
Il Conte Alberto, accompagnato da un domestico, il quale, dopo aver gettato la valigia del padrone a canto a quella di Don Parmenione si addormenta sopra una panca, e detti

 

 

Alberto 
Il tuo rigore insano
fiero destin, sospendi:
quel Dio d'amore offendi,
che scorta mia sia fa.
Tu gli elementi invano
a danno mio fomenti;
di te, degli elementi
amor trionferà. 
(Tuono e lampo.)

Martino 
Misericordia!.. Aiuto!
(cade con la sedia)

Alberto 
Chi è là? 

Parmenione
Siam noi.

Alberto 
Chi siete?

Parmenione 
Dal tempo trettenuto
qui un forestier vedete.

Alberto 
E la cagion medesima
me pur condotto ha qua.

Martino 
E chi sa quando il diavolo
da qui ci porterà!

Parmenione 
Dunque facciamo un brindisi
con questo vin perfetto.

Alberto 
L'amico invito accetto
di vostra urbanità.
(Stando in piedi empiono i bicchieri mentre timoroso Martino sta in disparte osservandoli.)

Parmenione e Alberto 
Viva Bacco, il Dio del vino,
viva il sesso femminino!
che al piacer ogni alma desta,
che fa i cori giubilar;
e anche in mezzo alla tempesta
sa i perigli disprezzar.

Martino 
Che terribile destino
a tal pazzi star vicino!
Riscaldata han già la testa
non san più cos'han da far;
ma già un fulmine la festa
viene or ora a terminar.
(Toccano i bicchieri e li vuotano, poi si rimettono a sedere.)

Alberto 
Grato conforto è l'incontrar per viaggio
un passaggier cortese!

Parmenione
Il fortunato
in caso tal son io.

Alberto
Bene obbligato.
Se v'aggrada, possiamo
a Napoli recarci in compagnia.

Parmenione 
Quella, signor, non è la strada mia.

Martino 
Come!

Parmenione
A che c'entri tu?

Alberto
Me ne dispiace;
perché in paese ignoto
fra tanta oscurità può facilmente
l'un per l'altro cammin prendere in fallo,
chi solo, come me, viaggia a cavallo.

Parmenione 
Esser deve l'affar di gran premura,
che a Napoli vi chiama.

Alberto 
Un matrimonio.

Parmenione 
Bravo!

Alberto
Certo.

Parmenione
La sposa
voi conoscete?

Alberto 
Oibò. Molto impaziente
sono anzi di vederla, e giacché parmi
che la tempesta omai sia per finire,
con vostra permission voglio partire.

Parmenione 
Come v'aggrada.

Martino 
E noi?

Parmenione 
Taci.

Alberto 
Su presto
la valigia riprendi, andiam, che ho fretta.
Vi ringrazio di nuovo, e vi saluto.

Parmenione 
Mille felicità.

Alberto
Molto tenuto.
(Alberto scuote il suo servo, che, non ben desto ancora, prende senza avvedersi la valigiadell'altro forestiere per quella del suo padrone, e lentamente con lui s'allontana.)

 

Scena terza
Parmenione, Martino

 


Martino 
E noi qui che facciam?

Parmenione
Noi partiremo.

Martino 
Per Napoli?

Parmenione 
Si sa.

Martino 
Ma perché dire
di non volerci andar, perché con l'altro
uniti non ci siam?

Parmenione
Perché non voglio
far sapere ad ognuno i fatti miei.
Perché soffrir non posso,
d'andar con chi può farmi i conti addosso.

Martino 
Sarà bene così.

Parmenione
Paghiamo il conto,
e poi si vada.
(va per aprire la valigia dove tiene il denaro)

Martino 
A meraviglia.

Parmenione
Oh bella!
(si sforza inutilmente d'aprir la valigia)

Martino 
Cos'è?

ParmenionePer tua indolenza il forestiere
con la valigia sua cambiò la mia.

Martino 
Credo che un mal per voi questo non sia.

Parmenione 
Che dici?

Martino
Eh c'intendiam.

Parmenione 
Presto, va'...

Martino 
Dove?

Parmenione 
Le mie carte... il denaro... il passaporto...
Corri...

Martino
Ma dove mai?

Parmenione
Corri a cercarlo.

Martino 
Nel suo galoppo, al buio ove trovarlo?

Parmenione 
Ma intanto?..

Martino 
Intanto approfittar bisogna
del favor della sorte.

Parmenione 
E vuoi?..

Martino
Lasciate
ch'ei sia l'indagator di tal scoperta.

Parmenione 
Cosa fai?

Martino 
Cosa faccio?
(spezza il lucchetto, strappa la catena ed apre la valigia) 
Eccola aperta.

Parmenione 
Oh che ribaldo!

Martino
Zitto: ecco una borsa.

Parmenione 
Lascia star.

Martino 
Quante gioie! Oh! oh! un ritratto.

Parmenione 
Mostralo.

Martino
Che vi par?

Parmenione 
Che bella cosa!
Martino 
Che diavolo sarà?

Parmenione 
Quest'è la sposa.

Martino 
Buono! Qui c'è un grand'abito da gala.

Parmenione 
Oh, che vaga e gentil fisionomia!

Martino 
Che fina biancheria!

Parmenione 
M'incanta.

Martino
Un passaporto.

Parmenione 
Un passaporto.
(lo prende)

Martino 
Certo: e molte cambiali. Io ve l'ho detto,
che non vi pentirete.

Parmenione
Oh che bel colpo!
Più resister non posso.

Martino 
Ebben?..

Parmenione
Si faccia.

Martino 
Come!

Parmenione
Riponi presto entro ogni cosa.

Martino 
E volete?..

Parmenione 
Per me voglio la sposa.
Che sorte, che accidente,
che sbaglio fortunato!
Amor mi vuol beato,
ed io ringrazio amor.
Martino, allegramente!
Andiamo a farci onor.

Martino 
Ma come?..

Parmenione
Che scioccone!
Non sai capir?

Martino 
Che cosa?

Parmenione 
Osserva che boccone,
che pasta deliziosa
considera il mio cor.

Martino 
Piuttosto d'un bastone
vi toccherà il favor.

Parmenione 
Che bestia, che buffone,
che ignobile timor!
D'arrogarsi un nome finto
veramente il passo è ardito,
e può mettermi in procinto
di mangiare il pan pentito;
ma se l'oro all'altro io rendo,
se rinunzio a ogn'altro effetto,
l'interesse non offendo,
non pregiudico l'onor.
E poi questo bel visetto
fa scusabile ogni error.

Martino 
Ebben Don Parmenione?..

Parmenione 
Io sono il Conte Alberto.

Martino 
Alberto voi?

Parmenione 
Sì certo.
E' questo il passaporto,
che mi conduce in porto;
è questo il gran ricapito,
che ha sottoscritto amor.

Martino 
Ma per pietà...

Parmenione
Finiscela:
Non odo i tuoi consigli,
non curo più perigli:
amore bricconcello,
m'ha colto nel cervello;
e questa cara immagine
mi pizzica, mi stuzzica,
in petto mi fa crescere
...

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