Il fatto Quotidiano - 23.10.2009.pdf

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Il governatore Lombardo dice che la sua foto sulle
macerie è taroccata. Ce ne sono altre, e lui ride sempre
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Ve n e rd ì 23 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 27
Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
€ 1,20 – Arretrati: € 2,00
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
“TREMONTI,NONSISCHERZA
IL CONIGLIO
SUPERIORE
Posto fisso, centinaia di lettere di precari
contro il linciaggio del giudice Mesiano e il
“clima invivibile” dove “più il potere è forte
e più può intimidire”. Che gaudio
apprendere che il presidente Napolitano è vigile e
“consapevole delle inquietanti connotazioni della
vicenda”. Che tripudio le feroci motivazioni con
cui il Csm ha approvato la “pratica a tutela” del
giudice della causa Mondadori contro attacchi che
“possono condizionare ciascun magistrato, in
particolar modo allorquando si tratti di decidere su
soggetti di rilevanza economica e istituzionale”.
Gliele hanno cantate chiare, a Berlusconi e ai suoi
killer. E questo giornale, dopo la campagna dei
calzini turchesi, sottoscrive parola per parola. Con
una postilla, però. Mentre il plenum del Csm apriva
la sacrosanta pratica a tutela di Mesiano, la sezione
disciplinare condannava i magistrati salernitani
Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani alla perdita
delle funzioni di pm e dell’anzianità (6 e 4 mesi) e
al trasferimento d’ufficio. Trasloco già disposto in
sede cautelare all’inizio dell’anno, quando i due
reprobi furono cacciati su due piedi da Salerno
(insieme al loro capo Luigi Apicella, poi dimessosi
dalla magistratura) e scippati dell’inchiesta sulla
fogna politico-affaristico-giudiziaria di Catanzaro. I
due erano colpevoli di aver trovato le prove di
quanto denunciava Luigi De Magistris sulla cupola
calabro-lucana che l’aveva estromesso dalle sue
indagini: per tre anni era stato attaccato da destra,
dal centro e da sinistra, poi era stato isolato dai suoi
capi e colleghi, infine il Csm unanime l’aveva
espulso da Catanzaro e dalle funzioni di pm. Un
anno fa la Procura di Salerno scoprì che aveva
ragione lui, andò a sequestrare a Catanzaro le carte
delle sue inchieste insabbiate, indagò i magistrati
che le stavano insabbiando e si ritrovò tutti contro:
capo dello Stato (che incredibilmente chiese gli
atti dell’inchiesta in piena perquisizione),
Mancino, partiti di destra, centro e sinistra, stampa
e tv, Anm e Csm. Tutti a ripetere che l’ordinanza di
Salerno era “abnorme” (troppe pagine, non si fa).
Poi il Riesame e il Tribunale di Perugia la ritennero
doverosa e disposta solo “a fini di giustizia”. Ma
chissenefrega: i due pm vengono giustiziati lo
stesso, senza nemmeno sentire i loro testimoni.
Processo sommario, alle spicce. Anche Clementina
Forleo, rea di aver intercettato lo sgovernatore
Fazio e i trasversalissimi furbetti del quartierino, e
per giunta di aver difeso De Magistris ad Annozero,
fu prima aggredita da destra, dal centro, da sinistra,
dal basso e dall’alto su su fino al Quirinale, poi
isolata, infine fucilata come una mezza matta dal
plotone di esecuzione del Csm e trasferita a
Cremona (sentenza poi annullata dal Tar perchè
illegale). Ce n’era abbastanza perché, anche nei
casi Forleo, De Magistris, Nuzzi, Verasani e
Apicella, il presidente Napolitano lacrimasse sulle
“inquietanti connotazioni della vicenda”, il
vicepresidente Mancino denunciasse “il clima
invivibile e intimidatorio”, il Csm tuonasse contro
“i condizionamenti per ciascun magistrato, in
particolar modo allorquando si tratti di decidere su
soggetti di rilevanza economica e istituzionale”.
Invece, in quei casi, Napolitano, Mancino e il Csm
stavano con i soggetti di rilevanza economica e
istituzionale, dunque contro i magistrati. Il Csm
avrebbe dovuto tutelarli dal Csm. Cioè aprire una
pratica a loro tutela contro se stesso. Poi, per
fortuna, Berlusconi è tornato ad attaccare un
giudice. E il Csm è tornato a fare il Consiglio
Superiore della Magistratura. Purtroppo, fino al
giorno prima, era l’acronimo di Ciechi Sordi Muti.
Raccomandati
“Ho una figlia che non riesco a mantenere”. “Ho 55 anni e non
ricevo il sussidio Inps”. Sul sito del “Fa tto” le voci di chi pensa che
le parole del ministro siano uno spot. Epifani: “È in buona fede?
Assuma i precari del pubblico impiego”
di Oliviero Beha
dc
D icono: di che vi stupite, ve lo deve
D’Onghia e Feltri pag. 10 e 11 z
dire il caso dei coniugi Mastella
che è tutta una questione di rac-
comandazioni? Dicono ancora:
ma guardatevi attorno, nella palude ita-
liana, quanti casi vedete di giovani e me-
no giovani che trovano o difendono il
posto di lavoro con merito, perché san-
no fare qualcosa e non perché si racco-
mandano a qualcuno? E il fenomeno non
si è esteso anche alle falangi del lavoro
precario?E continuando così non ci sarà
bisogno di essere raccomandati anche
per essere disoccupati sì ma magari in
modo meno drammatico e più arrangia-
ticcio ? È un Paese in ostaggio, ricattato
da una realtà antica che però scivola su
un piano inclinato e lo fa rotolare.No,
non c’era bisogno della Mastella’family
(naturalmente vale anche per loro la pre-
sunzione di innocenza benché professi-
no l’innocenza dei presuntuosi) per ra-
tificare lo stato (Stato?) delle cose.Ma lo-
ro lo evidenziano dall’alto, e in qualche
modo danno un contributo pesantissi-
mo alla “normalizzazione” della segna-
lazione, ultimo stadio del ricatto solita-
mente elettoralistico.Segnalazione che
in sé, se fatta con i criteri del merito,
sarebbe addirittura benefica per chi ne
gode, chi la fa, chi la riceve.Ma non sem-
bra essere il caso dei 655 eponimi delle
truppe mastellate.Il merito è remoto,
l’appartenza è indispensabile. La tre-
menda lettura è quella che “senza” non si
può far nulla,al Sud certo ma sempre di
più anche al Centro e al Nord. È il si-
stema, un sistema-Mastella sotto i riflet-
tori della magistratura oggi, ma un siste-
ma-Italia complessivo che ci rende un
Paese in recessione integrale sotto gli oc-
chi dell’Europa.Il tuo curriculum non
conta niente, nessuno ti misura perché
non esistono né si vogliono far esistere
autentici metodi di valutazione, la me-
ritocrazia è bandita come un pericoloso
diversivo che creerebbe problemi a chi
tiene il Paese in ostaggio sotto il suo tal-
lone (i suoi tacchetti… almeno Craxi
parlava di stivali…), temo con sempre
minor distinzione di colore politico. L’al-
tra faccia di tutto ciò è la crisi del lavoro,
l’invidia sociale e il privilegio dei “figli
di”, di quella progenie fortunata alla na-
scita e dei loro corollari per cooptazione
che banchettano nel Residence del po-
tere. Dove con gli altri erano (sono?) i
Mastella. Almeno consentiteci la soprav-
vivenza nel disprezzo di tutto ciò, è un
minimo antidoto contro la truffaldina
normalizzazione del peggio.
U di Enrico Fierro
BAS SOLINO
E IL SUO
NE MIC O
E sce di scena Antonio Bas-
B A N K I TA L I A x Si sognano pogrom di economisti
Atto di accusa di Draghi
al ministro dell’Economia
solino. Arriva “'o merica-
no”. Crolla il sistema di po-
tere che ha retto le sorti della
Campania dal 2000 ad oggi,
arriva Nicola Cosentino. Più
pentiti lo indicano come il
referente della camorra di os-
servanza casalese. pag. 7 z
U di Marco Lillo
COSENTINO E
LA CENTRALE
TRASVE RSALE
C’ è una centrale che permette
Bonazzi pag. 9
Mario Draghi e Giulio Tremonti (F OTO A NSA )
L’IMPERO DEL GAS x La visita a Mosca
BERLUSCONI, PUTIN
E L’AMICO DI DELL’UTRI
Antonio
Fallico, dal
‘74 a Mosca,
“facilita”
gli affari
degli amici
Atella pag. 4 z
n giochi di potere
Galan
e il valzer
delle nomine
Bonazzi pag. 4 z
n veltroni
“Noi”
La politica
come romanzo
Colombo pag. 18 z
C AT T I V E R I E
Secondo i Pm la moglie
di Mastella deve lasciare
la Campania. Ma non si
è capito a chi.
( w w w. s p i n o z a . i t )
CONLENOSTREVITE”
di Marco Travaglio
C he gioia leggere l’intemerata di Mancino
profitti milionari alla fami-
glia Cosentino e ai suoi amici ma
anche alle municipalizzate
dell’Emilia Romagna. La centrale
dell’inciucio si trova a Sparanise,
paesone dominato con pugno
ferreo dal clan Papa. pag. 3 z
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pagina 2
A rchiviata Why Not con un decreto
Venerdì 23 ottobre 2009
MAZZETTE E POLITICA
Pressioni e affari:
tombale emesso a Catanzaro dopo
l’avocazione al pm titolare del
fascicolo, Luigi De Magistris, Clemente Mastella
ha sul capo altre due inchieste piuttosto
complesse per reati contro la pubblica
amministrazione. Entrambe scandagliano un
sistema di nomine e appalti ottenuti grazie a
indebite pressioni politiche. La prima inchiesta è
approdata all’udienza preliminare a Napoli: il 26
ottobre il Gup Sergio Marotta deciderà su 22
richieste di rinvio a giudizio.
La moglie, Sandra Lonardo, è imputata di tentata
concussione. Mastella è stato stralciato su
disposizione del pm Francesco Curcio, che ha
inviato gli atti a Strasburgo per l’autorizzazione a
procedere dell’Europarlamento. La Procura qui
ha escluso l’associazione per delinquere, che
invece contesta per la seconda inchiesta, un
filone parallelo che si concentra sulla gestione
clientelare dell’Arpac.
La Lonardo è stata sotto posta al divieto di
dimora in Campania, Mastella ha ricevuto un
avviso di conclusa indagine.
le indagini sul
metodo Ceppaloni
Mastella: aiuto la povera gente. Il suo sistema: concorso ad hoc
per il dirigente Udeur, appalti per il consuocero
CLEMENTE AD PERSONAM
la di aver segnalato soltan-
to povera gente che aveva
bisogno. Sarà. Ma dall’or-
dinanza firmata dal Gip di Na-
poli Anna Laura Alfano emerge
altro. Emerge un sistema di po-
tere targato Udeur capace di
manovrare gare e assunzioni
scardinando norme e procedu-
re con un unico scopo: premia-
re gli esponenti e i familiari del-
la casta politica organica al
Campanile. Non “povera gen-
te”, ma professionisti, per i
quali si spalancava il mondo
dorato di incarichi, appalti e
consulenze con cifre a nume-
rosi zeri. L’Arpac, l’Agenzia Re-
gionale dell’Ambiente della
Campania, braccio operativo
dell’assessorato retto dal ma-
stelliano Luigi Nocera, secon-
do gli inquirenti era il luogo do-
ve l’Udeur compiva le princi-
pali operazioni clientelari.
Il dirigente dell’Arpac
Prendiamo la vicenda illustrata
nel capo d’imputazione nume-
ro 20: l’assegnazione dell’inca-
rico di dirigente dell’Unità
Operativa Servizi Territoriali
del Dipartimento di Napoli
dell’Arpac ad Antonio Ramon-
do, per lungo tempo segretario
cittadino dell’Udeur della po-
prima volta, quando finge di essere il suo
avvocato, Titta Madia, al cronista de ‘Il Fatto’ che
cercava il legale per alcuni ragguagli e compone per
sbaglio il numero dell’ex ministro. La seconda volta,
quando in conferenza stampa a Napoli insinua che
la bufera giudiziaria gli era stata preannunciata il
giorno prima da quella telefonata. “Desidero
ringraziare il giornalista de 'Il Fatto', così ho saputo
le notizie un giorno prima”. Il nostro cronista non
ha rivelato nulla in anteprima e nulla peraltro aveva
da rivelare: chiedeva solo informazioni sull’udienza
preliminare in corso davanti al Gup di Napoli,
relativa al primo troncone dell’inchiesta sull’Udeur :
quella mattina se n’era svolta una, l’ultima è in
calendario lunedì prossimo. Il nostro cronista voleva
conferma dello stralcio della posizione di Mastella e
il giorno dop o infatti è uscito un articolo su questa
notizia. Tutto qui. Il resto sono solo fandonie, e il
file audio della conversazione lo dimostra.
La “difesa” ieri di Mastella nella conferenza stampa a Napoli (F OTO A NSA )
polosa Torre del Greco; nel
2000 vice sindaco di una giun-
ta di centrosinistra e poi ago di
una bilancia di una giunta di
centrodestra. Secondo l’accu-
sa, il direttore dell’Arpac Lucia-
no Capobianco, in carica dal
2004 fino al luglio 2009, unico
indagato agli arresti domicilia-
ri, e il segretario campano
dell’Udeur, Antonio Fantini, ex
presidente della Campania e
per anni plenipotenziario di
Mastella a Napoli, in combutta
con la commissione esamina-
trice avrebbero cucito il con-
corso sul curriculum di Ra-
mondo, violando alcune dispo-
sizioni sulla valutazione delle
anzianità di servizio e attri-
buendogli “un altissimo giudi-
zio di merito”.
E ancora il periodico dell’Ar-
pac al fratello del consigliere
Udeur: è il bimestrale “Arpa-
campania Ambiente”. “Rivista
di carta platinata” ironizzò il
consigliere di opposizione Sal-
vatore Ronghi, denunciando-
ne i notevoli costi. Il direttore è
il giornalista Pietro Funaro, fra-
tello di Funaro. La nomina di
Pietro Funaro è finita sotto in-
chiesta perché voluta a tutti i
costi da Fantini e perché, scri-
vono i pm, per dispensargliela
sarebbero state commesse al-
meno tre violazioni di legge.
Funaro diventa direttore attra-
verso un semplice “comando”.
Nel frattempo l’Arpac modifi-
ca il regolamento e istituisce
un incarico dirigenziale appo-
sito per la direzione della rivi-
sta, senza l’ok della giunta Bas-
solino. Quindi dà il via a un
concorso dall’esito già scritto.
Funaro vince perché la sua lau-
rea triennale in servizi sociali
riceve un punteggio maggiore
della laurea quadriennale in
Scienze Politiche del suo con-
corrente, Elio Scribani, storica
firma de “Il Mattino”.
Perizie variabili
L’ingegnere Carlo Camilleri è il
papà della moglie di Pellegrino
Mastella. È il titolare, insieme
ad Antonello Scocca, della Ge-
neral Enginering srl, “studio in-
gegneristico di riferimento
dell’Udeur”, si legge nell’ordi-
nanza che ricostruisce la stra-
na vicenda dell’appalto per la
ristrutturazione della sede Ar-
pac di Benevento. Un appalto
che fa uno strano giro: viene
prima aggiudicato alla Soce-
dim grazie anche a un’auto-at-
testazione fasulla di incensura-
tezza dell’amministratore, e
grazie al fatto di aver offerto dei
locali provvisori per il trasloco
delle attività dichiarati idonei,
ma che in realtà erano privi de-
gli allacci. La Socedim, per ag-
girare il problema dei requisiti
dell’amministratore, cede il ra-
mo di azienda e il relativo ap-
palto alla Logic srl. Per gli in-
quirenti è solo un paravento
dietro il quale continua a ope-
rare lo stesso imprenditore. In
fine nuova cessione di ramo
d’azienda dalla Logic alla Pro-
cogest di Bartolomeo Piccolo e
Gaetano Criscione. Anche
questa cessione sarebbe simu-
lata: il bando di gara vietava la
cessione del contratto di appal-
to. Camilleri, da progettista
della Procogest, confeziona
una perizia di variante da
323mila euro certificando in-
crementi di costi sui quali la
Procura nutre forti dubbi. Men-
tre la Procogest sforna per l’Ar-
pac una fattura per “primo sta-
to d’avanzamento lavori” di cir-
ca 45mila euro che serve solo
per pagare subito Camilleri. Le
condizioni del bando vengono
violate e la Procura contesta il
“danno di rilevante entità” .
L’ex ministro
si difende
Nell’ordinanza
del Gip
il quadro
sul potere
della famiglia
REGIONE SICILIA
LOMBARDO E IL “SISTEMONE” DELLE RACCOMANDAZIONI
di Benny Calasanzio
gentino. In realtà sembrerebbe più la ven-
detta di un deluso: tra la mole di fogli elet-
tronici ci sono brogliacci di segreteria,
bozze di locandine e gli sms firmati Mpa
da inviare per le vittorie elettorali. Un ve-
ro e proprio "sistemone" con migliaia di
numeri di telefono, compreso quello del
governatore stesso, centinaia di nomina-
tivi con relativa qualifica, aspirazione, se-
gnalatore e riferimento per la "pratica". Ci
sono anche universitari che cercano rac-
comandazioni per esami e militari che
"aspirano" al trasferimento o all'avanza-
mento di carriera; poi semplici aumenti di
livello, visite sanitarie per le poste e ad-
dirittura una richiesta di iscrizione al se-
condo anno dell'istituto Galileo da parte
di una ragazza nata nel ‘93. Non mancano
aziende che devono beneficiare di contri-
buti statali e concorsi medici, come quel-
lo per il dirigente di I livello del reparto di
Cardiologia dell'Umberto I di Siracusa
che vedeva raccomandata tale Dott.ssa
Mur Paola, segnalata da Sileci e che poi,
certamente per coincidenza, stata l'effet-
tiva vincitrice del concorso. Piccole ri-
chieste di attenzione, come la pratica n.
84f del 12/03/2007 sul trasferimento del-
la farmacia di Petitto Domenico di Acirea-
le, o come Maisano Grazia Concetta che,
sempre secondo il documento, chiede un
piccolo aiuto per l'abilitazione all'attività
forense, tramite tale D'Antonio.
Di fronte a tutto ciò , utilizzando gli stes-
si numeri di telefono trovati negli archivi,
abbiamo sentito alcuni dei nominativi.
C'è la ragazza che aspira all'abilitazione al-
l'insegnamento che conferma tutto ma
non vuole commentare e la madre del me-
dico in carriera che parla di cose che si
fanno durante le campagne elettorali. Di
fronte a tutto ciò per nessun divieto di di-
mora, provvedimenti restrittivi o avvisi di
garanzia sono stati notificati al presidente
della Regione o ai suoi assistenti: la Pro-
cura di Catania aveva aperto all'epoca
un'indagine conoscitiva di cui oggi si so-
no perse le tracce.
QUESTIONE MORALE
L’Idv avvia
l’indagine interna
ore 14.00. Dovr sostenere la prova pratica di
idoneit; Bando per lo sviluppo del territorio: In-
vesticatania spa, Zoo agri service srl, Services &
trade srl, Sicily food srl. Segn(alatore ndr). Gio-
vanni Longo, Rif(erimento, ndr). Dr Giacalone;
Anzalone Marialucia, matr. 641/003279 gior-
no 07/11/2006 procedura penale, Prof. Rafa-
raci Tommaso . Questa volta la famiglia Ma-
stella non c'entra nulla. Anzi, con le loro
presunte 42 raccomandazioni farebbero
una pessima figura. Quelli sopra sono so-
lo alcuni estratti dei circa 2 mila curricula
e delle altrettante richieste di raccoman-
dazione inserite nel grosso archivio elet-
tronico, trovato sul sistema di scambio fi-
le eMule circa un anno fa, che sarebbe di-
rettamente riconducibile alla segreteria
del presidente della Regione Sicilia Raf-
faele Lombardo. Il governatore non ha
mai smentito che i documenti provenga-
no dai suoi ambienti, salvo dare mandato
al suo legale di querelare il Corriere della
Sera e il giornalista Alfio Sciacca per aver
raccontato a grandi linee il contenuto del
libro mastro. La vulgata comune sostiene
che il file sia finito on line per errore e
scovato per caso da un settimanale agri-
N on solo Udeur. Anche iscritti all’Idv
coinvolti nell’inchiesta campana le-
gata alla vicenda Mastella-Arpac. Roba da far
riaprire anche tra i dipietristi feritoie di que-
stione morale. A poche settimane - tra l’altro -
dalla querelle rilanciata da Micromega e poi da
De Magistris proprio sul “Fatto”. E così ieri Nel-
lo Formisano, segretario regionale della Cam-
pania, avvertiva: “Invito le persone indicate in
quell'elenco ed oggi aderenti all’Idv, a chiarire
in tutte le sedi ciò che è necessario chia-
rire, assumendosi sino in fondo le proprie
responsabilità, se ve ne fossero”. E ancora:
“Sulla lotta al malcostume politico e sulle
battaglie per la questione morale Idv ha
fondato e fonda la sua azione politica e so-
lo la capacità di essere chiari non ne intac-
ca la limpidezza”. Meglio vederci chiaro.
In un file finito su
eMule segnalati e
segnalatori
“Sparita” l’indagine
della procura
di Vincenzo Iurillo
S ostiene Clemente Mastel-
L’EX MINISTRO AL TELEFONO
SENTICHIMENTEAL“FATTO”
D ue volte bugiardo, Clemente Mastella. La
P rovenzano Calogero, giorno 16/04/2007
170319868.013.png 170319868.014.png 170319868.015.png 170319868.016.png 170319868.017.png
Venerdì 23 ottobre 2009
U na carriera che lo ha portato a
pagina 3
MAZZETTE E POLITICA
La corsa per
scalare in pochi anni il vertice
del centrodestra campano e
nazionale. Ma Nicola Cosentino -
sottosegretario all’Economia in pole per la
corsa alla carica di Presidente della Regione
Campania sotto le insegne di Silvio
Berlusconi - significa soprattutto “famiglia”.
Quella messa su da papà Silvio. Poi
diventata - grazie anche al figlio - la
Aversana Petroli: 200 milioni di fatturato e
una rete di distributori sparsi per l’Italia.
Giovanni in azienda, Nicola in politica.
Cosentino durante la prima repubblica
entra nel Psdi e poi, dopo qualche
tentennamento nella lista civica si schiera
con Berlusconi.
Ben cinque pentiti hanno raccontato i legami
di Cosentino con la criminalità, specie con il
clan dei Casalesi. Ed è per questo che anche
all’interno del Pdl - specie dalla sponda finiana
- la candidatura sta suscitando un vespaio di
polemiche e di accuse reciproche. Come al
solito, però, alla fine deciderà il capo.
la candidatura
alla Regione Campania
I COSENTINO
che controlla l’85 per cento del-
la centrale. Quando arrivano le
autorizzazioni, Egl paga per i
terreni ben 11 milioni e 450 mi-
la euro. La Scr vicina ai Cosen-
tino incassa una plusvalenza di
10 milioni. Ma la torta non fini-
sce qui. Egl cederà il 15 per cen-
to dell’energia prodotta a una
società commerciale controlla-
ta da Scr e da Hera al 50 per cen-
to. Nel 2008 questa società (He-
ra Comm Med) che ha la sede
nel capannone della Aversana
Petroli, società della famiglia
Cosentino, ha guadagnato 40
milioni di euro per 6 milioni e
mezzo di utile da dividere a me-
tà tra Hera e Scr. Un guadagno
perpetuo, come perpetue sono
le ricadute ambientali sul Caser-
tano. Chi c’è dietro Scr? Una co-
sa è certa: una parte dei terreni
acquistati nel 1999 da questa so-
cietà è stata ceduta al prezzo di
costo (310 milioni di lire) alla
società immobiliare dei Cosen-
tino, la 6C nella quale il sotto-
segretario vanta una quota del
16,5 per cento. Non solo: nel
consiglio didi Hera Comm Med
ci sono Giovanni Cosentino e
Enrico Reccia, un imprenditore
agricolo aversano socio del fra-
tello di Cosentino in altre atti-
vità. Reccia ha un precedente
poco incoraggiante. Fino al
2002 era presidente del colle-
gio sindacale di una cooperati-
va, la Europa 2001, nella quale
era sindaco anche Salvatore
Della Corte, arrestato nel 2006
dal Ros e condannato a due anni
e 4 mesi perché aiutava il clan
Zagaria nei suoi affari al nord.
SFIDA IL GOVERNO:
NON CI SIAMO
E L’INCIUCIO COL PD
Business per milioni di euro tra
la famiglia del sottosegretario e Hera
di Stefano Caselli
fie in Italia? “Pur tra mille
difficoltà – dichiara Luigi
Ciotti, presidente di Libera
– non è mai venuto meno
l’impegno di magistratura e
forze dell’ordine, come di-
mostrano i numeri dei boss
arrestati e dei beni confisca-
ti. Alcune delle richieste
formulate nel 2006 sono
state recepite, penso all’im-
pegno in favore dei testimo-
ni di giustizia”. Ma le note
positive terminano qua:
“Basta confrontare – prose-
gue Ciotti – l’elenco delle
proposte con la realtà di og-
gi per affermare che non ci
siamo. Chiedevamo l’intro-
duzione nel codice penale
del delitto contro l’ambien-
te che non è stata ancora ap-
provata, mentre le ecoma-
fie fanno affari d’oro, come
dimostra l’affondamento
della navi ad opera della
‘ndrangheta. Auspicavamo
una nuova legge antidroga e
osserviamo l’esplosione
del consumo di cocaina,
droghe sintetiche e il ritor-
no dell’eroina. Raccoman-
davamo una rete di soste-
gno per le vittime della trat-
ta e ci troviamo di fronte al
respingimento di chi fugge
e al reato di immigrazione
clandestina. Proponevamo
norme contro il riciclaggio
ed è stata decisa l’ennesima
sanatoria per il rientro dei
capitali esportati illecita-
mente”. Più drastico Giu-
seppe Lumia, ex presidente
della Commissione Antima-
fia: “Si è fatto molto poco in
questi tre anni, ci sono cose
che la politica continua
ostinatamente a respinge-
re”. Gli stati generali
dell’Antimafia si aprono
all’Auditorium di Roma con
il saluto di Napolitano e si
concluderanno con un se-
condo Manifesto. “Il mes-
saggio di Contromafie – di-
chiara Lorenzo Frigerio,
coordinatore dell’evento –
è che non basta ribadire una
volontà di contrasto al po-
tere mafioso, vanno anche
indicate le strade da seguire
perché i favori diventino di-
ritti e le illegalità siano vinte
dalla legge”.
che – per usare le parole
di Paolo Borsellino pronun-
ciate poco prima di morire
– puzzano “di compromes-
so morale, di indifferenza,
contiguità”. È un Manifesto
“dal fresco profumo di li-
ber tà”. Esiste dal 2006, ma-
gari conservato in qualche
cassetto a Montecitorio. È il
primo Manifesto finale di
Contromafie ovvero “Gli
stati generali dell’Antima-
fia”, che a Roma – da oggi
fino a domenica – celebra la
sua 2/a edizione. Un elenco
di 20 punti che – oltre ad
orientamenti per le centi-
naia di associazioni che la-
vorano per allontanare l’Ita -
lia dalle metastasi mafiose –
contiene precise richieste
alla politica, perché lo Stato
assuma “la lotta alle mafie
come priorità nazionale”. Il
Manifesto finì nelle mani di
Prodi e Bertinotti; e sembra
un secolo fa. Che fine han-
no fatto quelle proposte? A
che punto è la lotta alle ma-
mette profitti milionari
alla famiglia Cosentino
e ai suoi amici ma anche
alle municipalizzate dell’Emilia
Romagna. La centrale dell’in-
ciucio si trova a Sparanise, pae-
sone dominato con pugno fer-
reo dal clan Papa, legato da vin-
coli stretti al numero uno dei ca-
salesi, Francesco Schiavone
detto Sandokan. La camorra
non ha avuto nulla da ridire sul-
la ciminiera che scarica fumo
sui campi di pomodori. Anche
perché i subappalti sono finiti
alle ditte locali, tra le quali una
del fratello del commercialista
dei Papa. Ma questa è un’altra
storia. A lottare contro il mostro
da 800 megawatt c’erano solo
agricoltori, giornalisti minac-
ciati dalla camorra, come Enzo
Palmesano, un centro sociale e
un vescovo. Sì un vescovo, Fran-
cesco Tomasiello, di Teano, che
però si faceva chiamare solo
don Francesco. Don Francesco
è morto nell’ottobre del 2005
per un male incurabile. I suoi
beni sono andati ai missionari
del Burundi e le sue ultime pa-
role dal letto dell’ospedale Ge-
melli di Roma sono state: “Figli
miei, vi sono vicino da padre e
pastore in questo momento co-
sì drammatico per la nostra
amatissima terra. Nessuno po-
trà mai calpestarci se siamo uni-
ti; nessuno potrà mai toccare il
futuro e la salute nostra e dei vo-
stri dolcissimi bambini”. Don
Francesco ha perso una partita
più grande di lui. La storia della
centrale è un perfetto esempio
della malapolitica che sacrifica
Il sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino
la salute pubblica sull’altare
dell’interesse privatissimo dei
familiari e degli amici dei poli-
tici di destra e di sinistra. Tutto
inizia nel giugno del 1999 quan-
do la società Scr, vicina alla fa-
miglia Cosentino, ma di pro-
prietà di una fiduciaria (che ne
scherma la proprietà) compra
per 3 miliardi e 715 milioni di
lire l’area industriale della Pozzi
di Sparanise. Quei terreni sono
inquinati tanto che l’onorevole
Cosentino nel 1997 aveva pre-
sentato un’interrogazione sui
rischi connessi che non aveva
aumentato il valore dei terreni.
Poco dopo l’acquisto da parte
di Scr, la municipalizzata del co-
mune di Imola, Ami, punta gli
occhi su Sparanise e stipula un
accordo con la Scr (vicina ai Co-
sentino) per fare una centrale a
turbogas. Occhio alle date: a
gennaio del 2001 il comune di
Sparanise, diretto da un amico e
compagno di partito di Cosen-
tino, il sindaco Antonio Merola,
destina proprio quell’area per
una centrale. Due mesi dopo
Scr (vicina ai Cosentino) sigla
un preliminare di vendita per
cedere ad Ami il terreno, pagato
1,9 milioni di euro alla cifra mo-
struosa di 9,3 milioni di euro.
La municipalizzata rossa
condiziona però il pagamento
al via libera definitivo. Poco do-
po Ami si fonde e diventa parte
del colosso Hera, quotato in
borsa e controllato da un cen-
tinaio di comuni emiliani: Bolo-
gna, Ferrara, Rimini, e altri, qua-
si tutte giunte di sinistra. Nel
2002 la società di Scr ed Hera
presenta la domanda ma Spara-
nise insorge. Don Francesco or-
ganizza un convegno e implora
i politici di non autorizzare le
turbine. Nel 2004, la Regione,
guidata da Antonio Bassolino, e
il Governo Berlusconi danno il
via libera. La Scr, vicina ai Co-
sentino e la Hera dei comuni
rossi, passano all’incasso. Già
nel 2002 avevano ceduto l’affa-
re su un piatto d’argento alla
grande società svizzera EGL,
MEDIASET E L’AFFARE MESIANO
Scusate, ma anche
voi siete cattivi
Prosegue nel suo silenzio, non dà
spunto per non alimentare. Gli altri hanno già
fatto tanto, troppo. Però ci tiene a fare una pre-
cisazione il giudice Mesiano, l’uomo dal calzi-
no “turchese”: “Io sono tranquillo, tranquillis-
simo”. Così a prendere la parola è il Csm che
professa: “Piena e convinta solidarietà dopo i
reiterati attacchi”. Poi c’è l’altra sponda, Media-
set. Che in un comunicato del coordinamento
dei Cdr ribadisce la sua condanna per il vi-
deo andato in onda a “Mattino 5”. Con un
“però”: giudica “inaccettabile l’opera di lin-
ciaggio che non solo all’esterno ma anche
all’interno del Gruppo sta avvenendo con-
tro alcuni giornalisti e utilizzando anche
programmi come ‘Le Iene’ che nulla hanno
a che fare con il giornalismo”. Insomma, i
panni sporchi non si lavano in famiglia.
L’INCHIESTA BLOCCATA
I PALAZZINARI DI PALERMO, BORSELLINO
E QUELLA MANI PULITE UCCISA IN CULLA
di Peter Gomez
rità. A delle storie parallele che però,
non divergono, ma anzi collimano,
tra loro. Perché quando Cosa Nostra
decide un omicidio eccellente non lo
fa mai per un unico motivo.
È un fatto che le indagine dell’Arma
facessero paura a molti. Il giovane ca-
pitano Giuseppe De
Donno ci aveva lavora-
to per più di un anno.
Così, il 16 febbraio del
1991, consegna nelle
mani di Giovanni Fal-
cone un rapporto di
900 pagine che, senza
pentiti, sembra antici-
pare di più di un anno
l’inchiesta milanese di Mani Pulite.
Falcone però non lo può esaminare.
Sta partendo per Roma, dove diven-
terà direttore degli affari penali al mi-
nistero, perchè ormai a Palermo lui
non può più lavorare. A metterlo in
un angolo non sono stati i mafiosi. So-
no stati alcuni suoi colleghi e soprat-
tutto l’allora procuratore Pietro
Giammanco. Il rapporto di De Donno
è una bomba. Per la prima volta viene
svelato il ruolo di Angelo Siino, l’uo-
mo che per conto di Cosa Nostra cu-
rava la spartizio-
ne di lavori e
mazzette. E vie-
ne anche spiega-
to quello del
gruppo Ferruzzi
di Ravenna, in af-
fari con la mafia.
Nella relazione
sono citati i nomi
citati i nomi di aziende come la Gras-
setto di Salvatore Ligresti, la Tordival-
le di Roma (degli eredi di De Gaspe-
ri), la Rizzani De Eccher di Udine, le
imprese dei cavalieri del lavoro di Ca-
tania, la SII poi rilevata dall’ex diret-
tore generale della Edilnord di Berlu-
sconi, Antonio D’Adamo, una serie di
cooperative rosse, la Impresem, del
costruttore agrigentino Filippo Sala-
mone e poi tutte le società che fanno
capo a Bernardo Provenzano. Nono-
stante questo Mani Pulite alla sicilia-
na non parte. Perché la questione de-
gli appalti e del pizzo diviso tra ma-
fiosi e politici arrivi realmente alla ri-
balta bisogna attendere che a Paler-
mo giunga il procuratore Giancarlo
Caselli.
Ma c’è di peggio. Il rapporto di De
Donno finisce presto in mano ai ma-
fiosi. Chi lo abbia consegnato, le in-
dagini, tutte archiviate, non lo hanno
mai stabilito. Restano sul tavolo le ac-
cuse: quelle del Ros ai magistrati e
quelle dei magistrati ai carabinieri.
L’ex braccio destro di Provenzano, il
capomafia oggi pentito Nino Giuffrè,
è però certo che il contenuto di quel
rapporto impresse un’accelerazione
alla decisione, secondo lui già presa,
di uccidere sia Falcone che Borselli-
no. In ballo c’erano infatti più di mille
miliardi di lire da spartire tra mafia e
politica.
È indiscutibile, poi, che anche Borsel-
lino, subito dopo la morte dell’amico,
si sia messo a battere pure il fronte dei
lavori pubblici. Proprio per questo
ebbe allora un incontro con Antonio
Di Pietro, all’epoca uomo simbolo di
Mani Pulite, e, secondo Mori, il 25
giugno discusse la questione appalti
anche con lui e De Donno: un’inchie-
sta senz’altro rallentata, se non insab-
biata, nei mesi successivi. Un’indagi-
ne che oltretutto sarà poi falcidiata da
prescrizioni e sentenze contradditto-
rie nei confronti di imprese e politici.
Sulla morte di Borsellino, insomma, il
rapporto mafia-appalti pesa. E da solo
spiega molto. Ma non tutto.
preso la parola per le sue dichiara-
zioni spontanee al processo per la
mancata cattura di Bernardo Proven-
zano, la ripetuto un’altra volta. Per lui
la causa principale delle stragi di Ca-
paci e di via D’Amelio del 1992 va ri-
cercata nelle indagini, condotte un
anno prima proprio dai carabinieri,
sugli appalti pubblici spartiti in Sicilia
con il benestare della mafia. Anche
perché, ha sostenuto Mori il 20 otto-
bre, quelle inchieste furono archivia-
te in tutta fretta all’indomani
dell’omicidio di Paolo Borsellino. La
trattativa dello Stato con Cosa Nostra,
insomma, non c’entra. E per capire
cosa è successo bisogna scavare sul
sistema dei lavori pubblici. Come
spesso accade nelle vicende di mafia
ci troviamo di fronte a due diverse ve-
1991: il dossier del
capitano De Donno
sulle speculazioni e
la fine del giudice
DA OGGI A ROMA
“CONTROMAFIE”
N on è un papello, di quelli
di Marco Lillo
C’ è una centrale che per-
C ammina. Guarda avanti. Non si ferma.
I l generale Mario Mori, quando ha
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X Non solo gas, ma geopolitica e assetti
Venerdì 23 ottobre 2009
AFFARI PRIVATI
Giornata d’affari e
internazionali. La visita privata di
Berlusconi a San Pietroburgo, terminata in
nottata per il ritorno a Roma in tempo per il consiglio
dei ministri (e non certo per presentarsi in
Parlamento per spiegare cosa è andato a fare in Russia,
come ha chiesto il Pd; anhce perché, come ha spiegato
il ministro degli Esteri Frattini, “non c’è alcun mistero,
si tratta di un incontro tra amici”) ha messo insieme
temi diversissimi: si è parlato di Afghanistan, Pakistan,
Medio Oriente; e poi, quali riforme avviare in Russia e
in Italia per fronteggiare la crisi internazionale. Tutto
questo tra mercoledì sera e la notte di ieri, tra una
videoconferenza con il premier turco Erdogan e
incontri con dirigenti d’industria russi.
Affari diversi che hanno destato interesse e critiche
a Roma, tra l’altro anche tra chi ha partecipato alla
cena dell’Aspen Institute con il ministro Tremonti e
l’ambasciatore americano, nella quale si sarebbe
respirato, secondo uno dei presenti, un “forte
imbarazzo”, che sarebbe ormai - insieme al fastidio
per la personalizzazione assoluta della politica di
governo - la sensazione dominante anche nella
maggioranza.
ritorno a Roma: il tour
de force del Cavaliere
Amico di Dell’Utri, a Mosca dal 1974, uomo
ponte tra Berlusconi e Putin. Ecco Fallico
L’UOMO DEL GAS
prom serve un ‘p rete’,
uno che fa conoscere
le persone e le porta al
tavolo della trattativa. In manie-
ra serena e ben predisposte”. Lo
diceva Massimo Ciancimino, fi-
glio di Don Vito, in un'intervista
a RaiNews24 nel giugno del 2006.
Ciancimino è uno che di gas se
ne intende. Tra il 2002 e il 2005
aveva provato a farlo lui un ac-
cordo con Gazprom per portare
il gas direttamente in Italia, sca-
valcando l'Eni. Poi tutto era sal-
tato a causa delle indagini della
procura di Palermo e il seque-
stro della Fingas: la società sici-
liana che avrebbe dovuto guida-
re lo sbarco dei russi .
Il “prete” però Massimo Cianci-
mino lo aveva trovato davvero.
La persona che gli aveva spiega-
to a quale porte bussare e soprat-
tutto quanto fosse importante fi-
nanziare anche con piccole cifre
una fondazione vicina a Vladi-
mir Putin (“era un biglietto da vi-
sita, un modo per farsi accetta-
re”, spiega oggi Ciancimino ju-
nior al Fatto Quotidiano ), si chiama
Antonio Fallico, è un'amico d'in-
fanzia di Marcello Dell'Utri e, a
partire dalla metà degli anni '80,
è stato consulente della Fininve-
st in Unione sovietica. Così oggi,
mentre Silvio Berlusconi e Pu-
tin, discutono in segreto di po-
litica, di energia e di affari in una
dacia, dietro a loro si allunga
l'ombra di quest’uomo piccolo e
silenzioso che è presidente di
Banca Intesa a Mosca e “amba-
sciatore” delle imprese italiane
in Russia
Non è un caso insomma se negli
ultimi anni
molti impren-
ditori legati a
Berlusconi ab-
biano tentato,
con alterne
fortune, di en-
trare nel busi-
ness del gas.
Gli amici di
Silvio
Prima lo stes-
so Dell'Utri,
poi il banchie-
re- consigliere di amministrazio-
ne della Fininvest, Ubaldo Livo-
si. E infine, l'ex socio di Berlu-
sconi in Telepiù, Bruno Menta-
sti. Va male a tutti. Anche a Men-
tasti che pure vede l’Eni firmare
un accordo che permetteva l’in-
gresso in Italia della Centrex Eu-
rope Energy & Gas AG, la società
usata da Gazprom per commer-
cializzare il gas in Europa, della
quale lui aveva acquistato il 33
per cento.
Nel 2006, però, lo scenario cam-
bia. Eni e Gazprom siglano un
nuovo accordo. L’Eni promette
di far vendere ai russi tre miliardi
di metri cubi di gas. Dietro al
contratto c’è una strategia più
ampia, con forti implicazioni po-
litiche: il progetto per gasdotto
Southstream (50% Eni, 50% Gaz-
prom); l'acquisto da parte di Eni
(nel 2007) degli asset di Yukos,
la società petrolifera smantella-
ta; e infine la partecipazione rus-
sa al giacimento libico Elephant
dell'Eni.
Tocca alle municipalizzate
Tre miliardi di metri cubi valgo-
no più o meno 280 milioni di dol-
lari di ricavi. Il boccone è insom-
ma prelibato. Nel settembre del
2008 se ne aggiudica una parte
sce in Urss. E comincia a fare car-
riera. Uomo di relazioni, si fa
strada nei salotti. Conosce Leo-
nid Brezhnev e i suoi figli, Jurij
Andropov, Mikhail Gorbaciov,
Boris Eltsin e Putin, già ai tempi
in cui era vice-sindaco di San Pie-
troburgo. Ed è proprio Putin che
lo premia, il 22 aprile del 2008,
con l'Ordine dell'amicizia, la più
alta decorazione riservata a cit-
tadini stranieri. In quello stesso
giorno, presso le residenza pre-
sidenziale di Novo-Ogaryovo, al-
le porte di Mosca, Intesa-San-
paolo sigla un accordo con i rus-
si di Gazprombank (il braccio fi-
nanziario di Gazprom) per crea-
re una nuova banca italo-russa.
Tra i compiti dell’istituto, dice
un comunicato, c’è quello di fi-
nanziare “la costruzione del ga-
sdotto intercontinentale South
Stream”.
Oltre alla benedizione di Putin,
c’è quella del Cavaliere. Come
racconta lui stesso a periodico
Bronte notizie, Fallico, viene
contattato da Berlusconi “negli
anni ‘86-‘88”. Così diventa un
consulente Fininvest a Mosca e
pure Publitalia sbarca in Urss.
Prospettiva Lenin
Oggi Antonio Fallico continua a
mietere consensi. Appena nomi-
nato console onorario della Fe-
derazione Russa a Verona, ha
presentato e firmato il suo pri-
mo romanzo "Leninsky Prospe-
kt" (Prospettiva Lenin), pubbli-
cato in Russia con lo pseudoni-
mo "Anton Antonov". Il protago-
nista è un italiano che va a Mosca
a lavorare per il Kgb e l'Urss, di
cui condivide gli ideali. L'italia-
no entra in contatto con funzio-
nari comunisti e riesce a relazio-
narsi con il "cerchio interno" del-
l'apparato. Lui dice che si tratta
di una storia vera, basata sulla co-
noscenza di un ex spia, che ha
incontrato un giorno in una stra-
da di Mosca, mentre chiedeva
l'elemosina. “So che è stato con-
segnato alle autorità italiane e ha
trascorso dieci anni in prigio-
ne”, spiega ai giornalisti russi.
Ma in molti pensano che l'ex uo-
mo del KGB sia proprio lui. Il
brontese, amico di Putin e del
Cavaliere, che ha studiato filolo-
gia ma si è convertito presto agli
affari. Perché «il cibo spirituale,
purtroppo, non sfama».
Plurigas Spa, partecipata al 70%
da A2A (Aem Milano e Asm Bre-
scia) e al 30% da Iride (Aem To-
rino e Amga Genova). Plurigas
entra in una joint venture (la A2A
Beta SpA) in cui Gazprom parte-
cipa al 50% (attraverso la con-
trollata tedesca ZMB Gmbh). La
nuova società permette ai russi
di vendere al consorzio di muni-
cipalizzate 900 milioni di metri
cubi con un'opzione ventenna-
le. L'accordo, siglato a Bergamo,
arriva dopo sei anni di trattative,
nelle quali ha svolto un ruolo
fondamentale Fallico. Il quale è
addirittura coinvolto in prima
persona in un secondo contrat-
to, firmato da Gazprom nell'ago-
sto di quest'anno, con il consor-
zio Sinergie Italiane Srl (35%
Enia e 23% Ascopiave) per la for-
nitura di un miliardo di metri cu-
bi. Fallico infatti è stato membro
del cda di Sinergie dal 4 agosto
2008 (data di costituzione della
Srl) all'11 marzo del 2009, quan-
do esce di scena dopo aver tirato
la volata al gruppo.
Ma chi è davvero Antonio Falli-
co? Nato a Bronte (Catania), nel
1945, si diploma al liceo classico
Capizzi, in cui ha studiato anche
Dell'Utri. Dopo la laurea in filo-
logia, sale in cattedra all'Univer-
sità di Verona, dove lo contatta
un funzionario dalla Banca Cat-
tolica del Veneto. Fallico cono-
sce il russo e la banca, che oggi fa
parte del gruppo Intesa-San Pao-
lo, gli chiede una mano per sbar-
care a Mosca.
Un siciliano al Cremlino
Così nel 1974 Fallico si trasferi-
Dopo aver
attraversato
l’era sovietica
si è legato alla
Fininvest. Ora
ha scritto il suo
primo romanzo
In alto, Antonio
Fallico e manifestanti
a San Pietroburgo
contro il nuovo
grattacielo Gazprom
(F OTO A NSA )
A fianco, Paolo
Scaroni
NOMINE
IL PASSO INDIETRO DI GALAN E LE POLTRONE A INCASTRO
di Francesco Bonazzi
senterà la nuova cartina di tornasole
dei rapporti di forza tra Lega e Pdl. O
meglio, per vederla dal tavolone del
Consiglio dei Ministri, tra i vari Letta,
Scajola, Brunetta, Sacconi e Fitto da
un lato. E il solito Tremonti “Signor
No” dall’altro, sostenuto da una Lega
che stavolta non ha Bossi malato e dif-
ficilmente consentirà un remake del
2005, quando i colonnelli del Carroc-
cio non seppero (o non vollero?) di-
fendere il “costituente di Lorenzago”
dall’attacco di Gianfranco Fini.
Dall’esito della partita che si sta gio-
cando su questo doppio fronte, can-
didature-Via XX Settembre, dipende
il nervosismo che attraversa i palazzi
romani dove hanno sede colossi co-
me Eni, Enel, Terna, Finmec-
canica, Poste e, ovviamente,
quella Rai che colosso certo
non è, ma da sempre funzio-
na come sommo sismografo
del potere. Ben prima che
per la presidenza dell’Eni,
oggi occupata dal commer-
cialista Roberto Poli, circo-
lasse il nome dell’attuale di-
rettore generale di Viale Maz-
zini, Mauro Masi, gli occhi
erano puntati sul suo predecessore
Flavio Cattaneo. Oggi il manager pub-
blico guida con mano ferma Terna, la
società che gestisce la rete elettrica
italiana scorporata dall’Enel. Una ren-
dita di posizione? Mica tanto. Il suo
attivismo all’estero e l’ingresso sul
mercato della “green economy” han-
no dato qualche fastidio all’Enel, della
quale Cattaneo in fondo è il mancato
amministratore delegato. A maggio
2005, quando il precedente governo
Berlusconi promosse il fido Paolo
Scaroni dall’Enel all’Eni, Cattaneo fu a
un soffio dal diventare capo azienda
di Enel in tandem con Fulvio Conti. La
spuntò il secondo, ritenuto tecnica-
mente più preparato, solo perchè i
mercati avrebbero mal digerito una
diarchia da vecchio parastato. Oggi
Conti fila d’amore e d’accordo con
Scaroni, dopo una breve parentesi di
gelo per colpa della vicenda Wind, e
anche questo è un asset. Agli amici e
agli stretti collaboratori, Cattaneo ne-
ga di mirare all’Eni: “Sto bene dove
sto. Anzi, ci sto magnificamente”. Sa
che è un po’ presto e sa che Scaroni è
il manager più caro a Silvio Berlusco-
ni, al quale risolve volentieri qualun-
con Terna) , per
poi assumerne
la guida operati-
va più avanti.
Certo, su tutta la
partita pesa il de-
stino di Giulio Tremonti, che è azio-
nista di maggioranza di tutto questo
ben di dio “privatizzato”. Il titolare
dell’Economia, quanto a cordate di fe-
delissimi, non è certo una macchina
da guerra come Letta o Scajola. Però
ha un dono per le antipatie e non ama
Scaroni dai tempi della discussa ven-
dita di Wind a Sawiris. Oggi coltiva ot-
timi rapporti con quegli ambienti Usa
(ieri ha visto l’ambasciatore Thorne),
che sono l’unica preoccupazione del
gran capo Eni, esposto su quel fronte
dalle imbarazzanti frequentazioni
estere di Berlusconi. Gli appetiti co-
munque sono molti, in ballo c’è an-
che la poltrona di Sarmi alle Poste, e i
pretendenti non avranno tutti la sin-
cerità di Galan, che in un imperdibile
libro del 2008, “Il Nordest sono io”,
confessava a Paolo Possamai: “Per il
futuro mi vedrei bene alla presidenza
di una società come l’Enel”. Oggi, in
fondo, ha solo aggiustato la mira.
sidente dell’Eni. In fondo ho go-
vernato una nazione da 4 milioni di
abitanti...” In queste ore, quella vec-
chia volpe di Giancarlo Galan sta of-
frendo a caro prezzo quel passo indie-
tro dal suo amato Veneto che Palazzo
Grazioli gli chiede. “Sistemare”su
una morbida poltrona romana l’auto-
nomista Galan è molto più importan-
te di quanto si creda. Il via libera alle
aspirazioni del leghista Luca Zaia, og-
gi ministro dell’Agricoltura, mette-
rebbe a posto il delicato mosaico del-
le candidature per le Regionali di mar-
zo. Un rompicapo che al Nord rappre-
que problema, si chiami Russia o Li-
bia. E non inganni il contenzioso ob-
bligato tra l’Eni e l’Agenzia delle En-
trate per l’irrituale “tassa Gheddafi”
che ha chiuso il contenzioso con Tri-
poli. Scaroni forse lascerebbe la guida
del Cane a sei zampe solo per la pre-
sidenza delle Generali in scadenza ad
aprile. Per quella poltrona si ricandi-
da l’ottantacinquenne Antoine Ber-
nheim e Cesare Geronzi, che già
all’ultima assemblea Mediobanca
escluse pubblicamente il proprio in-
teresse per Trieste, medita di ribadire
questa posizione all’assemblea di
mercoledì prossimo. Chissà se Scaro-
ni farebbe altrettanto. Ma il Bernheim
dello Stato padrone è ormai Pierfran-
cesco Guarguaglini, che l’anno pros-
ssimo compie 72 anni ed è al terzo
mandato in Finmeccanica. Proprio in
Piazzale Montegrappa potrebbe fini-
re Cattaneo, magari cominciando su-
bito da un posto in cda (cumulabile
La sistemazione del
governatore del Veneto
può finire per far
tremare i vertici Eni,
Terna, Finmeccanica
di Marco Atella
“P er accordarsi con Gaz-
P osso sempre andare a fare il pre-
170319868.025.png 170319868.026.png 170319868.027.png 170319868.028.png 170319868.029.png 170319868.030.png
Venerdì 23 ottobre 2009
D evono indossare un giubbotto senza
pagina 5
SICUREZZA
Non più di tre, disarmati,
maniche. Giallo, ben visibile. In cui
tenere sempre un telefono cellulare o
una radio-trasmittente. Ma soprattutto, chi vuole
costituire una ronda deve creare un’associazione di
volontariato “con finalità di solidarietà sociale”,
come recita il decreto dell’8 agosto firmato dal
Ministro Maroni. L’associazione deve essere
registrata in Prefettura, non deve essere
riconducibile a partiti, movimenti politici o tifoserie
e non è destinataria di risorse economiche. E ancora:
i componenti delle cosiddette ronde possono solo
“osservare” le aree a rischio. E sono tenuti a
chiamare le Forze di polizia, qualora vedano
situazioni pericolose. Non possono quindi
intervenire direttamente. Tanto che il decreto stesso
li chiama “osservatori volontari”. E, per guardarsi in
giro, gli associati devono girare in gruppi composti al
massimo di tre persone. Senza armi, ovviamente, e
senza alcun mezzo d’offesa. I sindaci che intendano
utilizzare i volontari devono poi emanare ordinanze
che specifichino gli ambiti di intervento di ogni
associazione. Questo dice il decreto attuativo che
mette i freni alle tanto sbandierate “ronde”.
fuori dai partiti : sono gli
“osservatori volontari”
ECHILEHAVISTE?
I Volontari Verdi e Borghezio sperano
in una modifica del regolamento
ci sono. Chi voleva andare
in giro a controllare i quar-
tieri ‘difficili’ delle città si è
trovato a bocca asciutta. E chi
temeva l’ondata di volontari ar-
rabbiati, politicizzati e deside-
rosi di sostituirsi alle forze
dell’ordine può dormire sonni
tranquilli. Le ronde, grazie al re-
golamento voluto dal Viminale
in agosto, oggi non esistono. A
Milano, in Prefettura, è arrivata
solo la richiesta dell’Associazio -
ne poliziotti italiani, formata da
ex forze dell’ordine in conge-
do. A Bologna e Firenze non ci
sono richieste. A Roma soltanto
due. A Bolzano, forse, la prima
domanda sarà presentata dai
‘Rangers’ a giorni. E addirittura
a Treviso, città di Gentilini, c’è
solo una richiesta. Com’è pos-
sibile? Che fine hanno fatto i
‘rondisti’? Esistono. Ma sono
delusi dal risultato ottenuto.
Tra questi c’è Massimiliano Ba-
stoni, uno dei fondatori dei Vo-
lontari Verdi per la Sicurezza.
L’associazione - creata dall’eu-
rodeputato leghista Mario Bor-
ghezio, che oggi è Presidente
onorario - a luglio aveva addirit-
tura annunciato la creazione di
una scuola per formare i volon-
tari. Bastoni, prima del decreto
attuativo, le ronde le faceva.
Oggi non può più farle. Un bel
paradosso. Anche perchè, a
‘tradirlo’ è stato un Ministro le-
ghista, Maroni. “La legge non
funziona - dice chiaramente Ba-
stoni - è stata impostata male e
va modificata. Non è possibile
che la nostra associazione sia ta-
gliata fuori”. Già, perchè un’as-
sociazione riconducibile chia-
ramente al Carroccio non può
essere ammessa. “Noi ci sarem-
mo iscritti subito, ma la legge ha
messo paletti troppo rigidi, tan-
to da impedirci di portare avan-
ti le nostre attività”. Chi voleva
davvero le ronde, “è proprio chi
oggi non può farle”, dice scon-
solato Bastoni. Così, un po’ me-
stamente, i Volontari Verdi che
prima andavano in via Padova o
alla Stazione Centrale a Milano,
chiamavando le forze dell’ordi-
ne quando qualcosa andava
storto, oggi devono ‘stare in ca-
sa’. Limitandosi a organizzare
dibattiti nei circoli meneghini.
Sbagliato, secondo Bastoni, ta-
gliare fuori le associazioni vici-
ne ai partiti. Inutile il limite del-
le tre persone. Deludente l’in-
tero pacchetto. “Ma la colpa - di-
ce il volontario - non è di Maro-
ni. Ci sono state troppe pressio-
ni, anche da dentro la maggio-
ranza, per paura che con le ron-
de si vedesse quanto la Lega è
forte sui territori. Più forte degli
altri partiti. Poi ci sono state
troppe polemiche, che Maroni
ha dovuto mediare, creando re-
gole poco soddisfacenti per un
fenomeno sentito e importan-
te. Noi siamo un po’ arrabbiati.
Alla fine, per accontentare tutti,
hanno azzerato le ronde”. Ma-
rio Borghezio, il Presidente
onorario, è più ottimista: “era
necessario organizzare le inizia-
tive spontaneistiche. Purtrop-
po è stato fatto in modo buro-
cratico, con modalità che pre-
vedono adempimenti e lungag-
gini che tolgono entusiasmo a
chi vorrebbe agire. Ma è ancora
presto per fare un bilancio”. E
Borghezio pensa a una ‘fase b’:
“il Viminale è stato costretto a
mettere le mani avanti. Confido
che, dopo un primo periodo di
rigidità eccessiva, arriveranno
modifiche al regolamento. Nel-
la fase iniziale era opportuno un
certo rigore. Ma poi, è necessa-
rio un approccio più adeguato
al fenomeno. Per ora non sono
contento, ma mi adeguo”. Bor-
ghezio non nasconde di sperare
in un cambiamento del decreto
attuativo. E non nasconde nep-
pure una certa “nostalgia per la
fase più vera: quella spontanea,
quando i nostri volontari anda-
vano in giro per le città”.
Leghisti a parte, c’è chi invece è
felice e rasserenato per il fatto
che le ronde non sono decolla-
te. In testa i sindacati di Polizia.
“I cittadini - dice il segretario ge-
nerale del Siulp, Felice Romano
- hanno capito che la sicurezza è
una cosa seria, richiede forma-
zione e professionisti. Noi sia-
mo stati sempre contro le ronde
perchè non deve passare il prin-
I numeri del
flop: a Milano
solo una
richiesta, due a
Roma, nessuna
a Bologna e
Firenze.
Uno scatto della guardia nazionale padana (F OTO A NSA )
L’INTERVENTO
GIOCHIAMO A GUARDIA E LADRI
pericolosi, anche perché l’articolo 2 del decreto 8
agosto 2009 non considera i pennelli tra gli
strumenti atti a offendere, e dunque non
dovrebbero esserci problemi. Certo, c’è la
questione dei finanziamenti per sostenere tutto
questo fiorire di iniziative. Anche perché a furia
di giocate al SuperEnalotto e Pay-tv a noi
osservatori volontari non è rimasta una lira. Tra
l’altro, con grande intuito, il legislatore ha
previsto anche la possibilità di corsi di
formazione e aggiornamento da parte di regioni
e enti pubblici. Se il denaro sarà pubblico, allora
perché non investirlo meglio nelle strutture
esistenti, potrebbe dire qualche dietrologo. Se
invece si tratterà di denaro proveniente da
associazioni private, ecco qualche malalingua -
come il segretario dell’Associazione nazionale dei
funzionari di polizia, tale Enzo Maria Letizia -
pronta a sostenere il rischio delle ‘ronde fai da te’
[…] una concorrenza con derive imprevedibili e
pericolose. Le solite Cassandre. Le ronde invece
funzioneranno, eccome. E grazie a quelli come
noi, finalmente in giro ci saranno meno
delinquenti, soprattutto meno delinquenti neri.
cipio che la sicurezza sia un ter-
reno in cui vige il ‘fai da te’. Inol-
tre, presentare le ronde assie-
me al Pacchetto sicurezza è sta-
ta una mossa politicamente sba-
gliata. Una mossa propagandi-
stica per appagare le promesse
fatte in campagna elettorale,
continuando ad alimentare
l’idea che le forze dell’ordine
non tutelino a sufficienza i cit-
tadini”. Per accontentare l’elet-
torato il Governo ha quindi pre-
sentato le ronde come una gran-
de iniziativa, ma alla fine ha rea-
lizzato un regolamento che ha
imbrigliato il ‘vigore’ e l’azione
di marca leghista. Il classico col-
po al cerchio e alla botte. Il clas-
sico proclama smentito dai fat-
ti. Mentre, invece, è sul terreno
dei tagli alle forze dell’ordine,
che i problemi sono veri: 1 mi-
liardo di euro in meno in tre an-
ni. Nessuna ronda potrà a rim-
piazzarli.
un’idea talmente geniale che andrebbe
estesa al di là della sicurezza urbana. Un bel
gruppo di osservatori volontari, ad esempio,
potrebbe trovarsi ogni mattina alle cinque in
Stazione centrale per controllare che i neri che
vengono pagati per pulire i bagni lo stiano
facendo come si deve, senza tralasciare i water.
Una bella ronda potrebbe dare una mano ai
pensionati che non ce la fanno più ad andare da
soli a fare la spesa al supermercato. Un’altra,
fatta con i membri più istruiti, potrebbe mettersi
a dare qualche lezione agli alunni più somari:
matematica, italiano, inglese. E lo sporco ai
giardinetti? Tutti con la ramazza in mano e
tempo qualche settimana saranno irriconoscibili.
Gli alberi di parco Sempione, poi, avrebbero
proprio bisogno di una bella controllatina e
potremmo segnare con un po’ di vernice quelli
Lombardosmentisceeilfotografomostraaltreimmagini
Il Governatore sostiene che lo scatto di Messina è falso, ma il reporter risponde: “valuterà l’autorità giudiziaria”
lo scatto in prima pagina lo ha fatto infuriare. Tan-
to che mercoledì a tarda sera ha mandato alle agenzie
un comunicato stampa concordato con i legali. “È
l'evidente frutto di un fotomontaggio” tuonano. In-
somma, secondo gli avvocati del governatore della
Sicilia, l'immagine pubblicata da Il Fatto Quotidiano sa-
rebbe taroccata. “Nell’interesse dell’on. Raffaele
Lombardo e in relazione alla pubblicazione della foto
che ritrarrebbe il presidente e il sindaco di Messina,
Buzzanca, dinnanzi alle rovine di Giampilieri, si rap-
presenta come l’immagine pubblicata sia evidente-
mente frutto di un fotomontaggio e si diffida da qual-
siasi ulteriore utilizzo diffamante della stessa, riser-
vando di valutare gli eventuali profili di responsabi-
lità penale della vicenda”.
Intanto, risponde lo stesso autore dello scatto: “Il go-
vernatore Lombardo ed i suoi legali - spiega Enrico Di
Giacomo - con l’incredibile menzogna secondo cui la
fotografia sarebbe un fotomontaggio, sono riusciti a
superare gli indecenti sorrisi rivolti al disastro di
Giampilieri”. E continua: “Ho scattato io quella fo-
tografia. Sarò io a consegnare l’originale all’Autorità
giudiziaria, insieme alla querela per diffamazione, e
chiederò l’accertamento tecnico sulla genuinità
dell’immagine”. Così “quando sarà accertato anche
in sede giudiziaria che non si tratta di fotomontaggio,
mi auguro che Lombardo, oltre a chiedermi scusa,
abbia la dignità minima di ritirarsi dalla politica”. In
attesa di sviluppi giudiziari, noi de Il Fatto Quotidiano
pubblichiamo le altre immagini di quel (ameno?) po-
mer iggio.
Altri scatti di
Enrico Di
Giacomo che
ritraggono il
presidente della
Regione Sicilia a
Giampilieri.
Nella foto
grande, quella
che ha scatenato
la polemica,
anche il sindaco
di Messina
B u z z an c a
LEFAMOSERONDE,
di Elisa Battistini
I guerrieri delle ronde? Non
Da oggi è in libreria il nuovo numero della rivista bimestrale
“Il Mulino”. Pubblichiamo un breve stralcio dell’articolo non
firmato “Tutti in strada, si gioca a guardie e ladri”, relativo
alle ronde.
“A pensarci bene quella delle ronde è
N on gli è proprio andata giù a Lombardo. Già, quel-
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